SAN FELICE DEL BENACO

 

Palazzo ex Monte di Pietà 

 

L’imponente edificio che domina la piazza principale del capoluogo deve la sua origine al lascito testamentario del ricco benestante Giacomo Pace, scomparso nel 1593.
Il benefattore dispose che tutti i suoi beni fossero utilizzati per la realizzazione di un Monte di Pietà al quale potessero attingere tutti i poveri di qualsiasi provenienza senza pagamento di interessi sulla somma ricevuta in prestito. L’intento di questa opera pia era quello di difendere il popolo dalla spietata dipendenza dagli usurai. Il progetto della massiccia costruzione è attribuito all’architetto bresciano Giulio Todeschini.
I lavori furono rallentati, oltre che dalle frequenti scorrerie guerresche, dalla terribile peste del 1630, e furono portati a termine nel 1670. Una volta realizzata, l’elegante struttura fu adibita a sede del Monte di Pietà (conosciuto in tutta la Riviera Bresciana) e, fino al 1993, a Municipio, divenendo il cuore del paese.
La costruzione è definita di tipo veneto ed è unica nel suo genere nel territorio benacense: il complesso comprende un porticato a cinque arcate con pilastri quadrati di pietre bugnate; l’architrave della porta che si apre sul balcone è sormontata da uno scudo accartocciato e martellato, sul quale, in origine, troneggiava lo stemma di San Felice. Al centro del pianerottolo è collocato il balconcino che si affaccia sulla piazza.
Attualmente le due sale superiori del palazzo sono utilizzate l’una a spazio espositivo per mostre d’arte ed eventi culturali; l’altra ad aula per riunioni e per le sedute del Consiglio Comunale.

Palazzo Rotingo 

L’edificio, ubicato in via XX settembre, 11, prende il nome da un’antica e nobile famiglia salodiana proprietaria dell’immobile fin dal XVIII secolo. Attualmente è molto difficile stabilire con certezza lo stile del palazzo, poiché, in seguito al passaggio di diverse proprietà, ha subito parecchie trasformazioni.
Tuttavia precise testimonianze confermano che il severo complesso risale all’epoca settecentesca. Infatti all’interno si possono ancora ammirare i soffitti a cassettoni in legno finemente decorati; in una sala, al centro delle quattro pareti, spiccano stemmi a forma di scudo: essi rappresentano il leone e l’aquila; uno scudo porta una barra piatta, mentre l’ultimo una barra ondulata con due cerchi.
Una stanza a pianterreno è finemente decorata con figure allegoriche; un’altra presenta decorazioni di stucchi con al centro una cornice predisposta ad accogliere un affresco. Inoltre, sul soffitto dell’atrio d’entrata, si può notare un affresco raffigurante il Parnaso, dipinto attribuito al pittore salodiano Santo Cattaneo (1739-1819).
Il palazzo Rotingo fu per oltre due secoli un’abitazione privata. Dal 1974 al 1989 fu adibito a scuola media. Nel 1993 è divenuto la sede del Municipio di San Felice.
Ma il fatto forse più rilevante relativo all’edificio è la nascita, avvenuta entro le sue mura nel 1879, dell’illustre scultore Angelo Zanelli, accademico d’Italia. 

 

 

Chiesa prepositurale di San Felice

Anticamente la vita dei nostri compaesani si svolgeva intorno ad una chiesetta in stile romanico, sottoposta dapprima alla giurisdizione ecclesiastica della Pieve di Manerba, e resasi autonoma nel 1432 con la concessione vescovile del fonte battesimale. Verso la metà del Settecento molti edifici sacri antichi vennero demoliti per erigere chiese più ampie, in netto contrasto con lo stile romanico diffuso nel nostro territorio. Anche nel Bresciano si diffuse lo stile barocco, nel quale si espressero artisti eccellenti con opere degne di ammirazione nella grandiosità movimentata dall’elegante architettura di provenienza spagnola.

A San Felice l’antica chiesetta, a semplice aula unica, non fu più ritenuta idonea al culto dei parrocchiani, sicché fu demolita per far posto all’attuale grandiosa prepositurale. Il progetto dell’edificio sacro è attribuito ad Antonio Corbellini, insigne architetto bresciano, il quale nel XVIII secolo realizzò parecchie costruzioni civili e religiose. Nel marzo del 1740 si iniziò a parlare pubblicamente della necessità dell’edificazione della nuova chiesa, esortando i fedeli alla beneficenza.

Secondo alcuni storici le opere sarebbero cominciate nel 1749; tuttavia, altri documenti ci informano che nel 1743 i lavori erano già avviati. Un importante contributo finanziario provenne dall’ingente lascito testamentario del nobile Innocenzo Moniga, scomparso nel 1750 all’età di ottantasei anni. Egli era discendente di quel padre Angelo Moniga che nel 1624 aveva fatto dono alla comunità di San Felice delle reliquie dei Santi Patroni, Felice, Adauto e Flavia. Quando le volte della chiesa furono ultimate, l’affresco delle pareti e del soffitto venne affidato al pittore comasco Carlo Carloni (1686-1775), 

famoso in vasta parte d’Europa. I dipinti parietali della prepositurale di S.Felice sono a dir poco imponenti.Notiamo, in particolare, l’affresco realizzato sopra l’abside, il quale raccoglie in una cornice una mirabile scena pastorale. Passeggiando per il tempio ammiriamo scene rappresentanti i Martiri e gli Evangelisti; sostiamo devotamente di fronte agli altari della Madonna del Rosario, del S.S. Sacramento, di S. Giovanni Battista, di S. Antonio da Padova, di S. Rocco e di S. Bartolomeo.
Il Carloni non riuscì a portare a termine la sua opera, sicché, dopo varie vicissitudini, nel 1780 il completamento del lavoro pittorico fu affidato all’artista Giosuè Scotti, il quale si distinse in particolare per l’affresco di S. Flavia, situato sulla parete della porta centrale. Nel 1781, dopo circa un quarantennio, la “fabbrica” poteva dirsi conclusa; così, nel maggio dello stesso anno, la chiesa fu consacrata dal vescovo di Verona Monsignor Gio. Morosini.

Nel 1858 fu inaugurato il nuovo altare maggiore, scolpito nell’inconfondibile candore del marmo di Carrara, e in sintonia con la magnificenza dell’edificio. Nello stesso anno le reliquie dei Patroni S.S. Felice, Adauto e Flavia, con gran concorso di popolo, furono traslate nella prepositurale e da allora sono custodite all’interno del meraviglioso altare maggiore. I Santi Patroni vengono festeggiati il 30 agosto di ogni anno. 

Castello di San Felice 

Numerose testimonianze scritte attestano la presenza di un castello medioevale localizzato nella zona circostante l’attuale chiesetta di San Fermo e denominato Scovolo (dal latino Scopulus = scoglio, rupe, masso, macigno, vetta sassosa, roccia).
Tale fortificazione sarebbe stata distrutta dai Bresciani nel 1279. Tuttavia -mentre documenti redatti in varie epoche parlano anche diffusamente di questa costruzione- gli scavi archeologici finora eseguiti non hanno riportato alla luce nessun reperto di epoca medioevale, all’infuori di pochi oggetti insufficienti per l’affermazione dell’esistenza di imponenti fortificazioni. Per questo motivo è stata messa in dubbio la presenza di un fortilizio medioevale situato sull’attuale promontorio di San Fermo. Diversa è la situazione del castello di San Felice le cui scarse rovine, tra cui l’unica torre superstite, sono ancora visibili all’interno del centro storico ed ospitano l’antico cimitero e l’ossario. Le prime notizie relative al castello di San Felice risalgono al 1330, al tempo delle lotte tra guelfi e ghibellini. Il nostro territorio fu soggetto a frequenti scorrerie: francesi, spagnole e tedesche, le quali, d’altra parte, afflissero tutta la bassa Riviera. Le vicende di quei tempi sono assai complesse ed intricate; i castelli, ricettacoli di difesa dei nostri avi, furono distrutti, riedificati e nuovamente distrutti più volte. È certo comunque che la terra di San Felice era già fortificata al dissolversi del presunto castello di Scovolo. Nel 1440, dopo aspre battaglie, la Repubblica di Venezia strappò le nostre contrade ai Visconti milanesi, dando inizio ad un alterno dominio che conobbe anche momenti di rinascita del lavoro, del commercio e delle civili osservanze con la stesura degli Statuti comunali, i quali erano conservati in castello nella casa del comune. Purtroppo tali preziosi documenti sono andati dispersi. Alla fine del Quattrocento e all’inizio del Cinquecento i colli benacensi furono quasi continuamente devastati da eserciti stranieri e veneziani. Il castello di San Felice fu atterrato nel 1483 e ricostruito nel 1521. Attualmente, come si è detto, resta soltanto la torre d’angolo. La torre principale d’entrata venne trasformata nel Settecento in pacifica sede del concerto delle campane; le altre due laterali crollate e distrutte; l’unico edificio rimasto è la chiesetta, la quale -alla metà del XVII secolo- era luogo dove s’insegnava il catechismo alle ragazze.
Nella prima metà del XVIII secolo, con la costruzione della nuova prepositurale, il camposanto del paese che si trovava sul sagrato, fu trasferito nello spiazzo del castello, dove già nel 1630, durante il periodo della peste descritta dal Manzoni, erano state effettuate parecchie inumazioni. Il castello -ulteriormente demolito per procurare materiale per la costruzione del Monte di Pietà- divenne un luogo sacro: un tempo raccoglieva e custodiva le civili memorie; ora fu trasformato nel camposanto per il perpetuo riposo dei nostri avi. Il ricettacolo abbandonato fu il cimitero di San Felice fino al 1° gennaio 1995, dopodiché si utilizzò la rinnovata struttura mortuaria di via delle Gere.

 

Chiesetta del castello di San Felice

La chiesa si trova all'interno del recinto murario del castello di San Felice della cui struttura fortificata si conserva ancora la torre d’angolo e quella d’entrata. L’attuale edificio, risalente all’età medievale, ha una conformazione molto irregolare frutto di rimaneggiamenti attestati nel XVI e XVII secolo ma scarsamente documentati. L’interno è ad aula unica, scandita in tre campate di cui la centrale è dotata di un altare laterale. Archi trasversi sostengono il tetto a doppia falda con tavelle in cotto. Sopra la porta centrale si nota il tipico rosone, mentre nel centro del tetto spicca un cippo di recente fattura con una croce di ferro. L’altare maggiore e la sacrestia, ricavata dalla chiusura dell’abside originaria (effettuata alla fine del Seicento), presentano cicli pittorici del XIV secolo tornati in luce e restaurati nel 1983. Sulle pareti sono rappresentati i dodici apostoli e i quattro evangelisti; in alto è dipinto il Cristo benedicente affiancato da due santi. L’intervento di recupero recentemente concluso ha fatto emergere cicli decorativi prerinascimentali di sorprendente qualità che si sviluppano lungo la parete a settentrione, per un’area ben più estesa di quella presunta. I dipinti, condotti sostanzialmente a buon fresco in due fasi sovrammesse, possono essere cronologicamente collocati tra la metà del XIII e la fine del secolo successivo.
La rimozione degli intonaci tardi ha inoltre fornito informazioni circa l’epoca di edificazione della prima chiesa, probabilmente coeva all’intero complesso fortificato, l’evoluzione costruttiva, le sopraelevazioni e gli ampliamenti della chiesa fino alle dimensioni attuali.
La maggior parte del pavimento è occupato dalle tombe dei sacerdoti. Sulla destra si apre una porticina di servizio, mentre sulla sinistra si trova l’altare del Crocefisso, sulla base del quale è scritto: “Altare privilegiato in perpetuo”. Nella cappella si nota un grande crocefisso ligneo, dal volto del quale traspare la sofferenza del Martire del Calvario. In passato questo altare era adornato di ex voto. Le cornici e le due figure dei santi Felice e Naborre, in origine titolari del tempietto, erano collocate al centro dell’altare principale, ma furono asportate da ignoti negli anni Settanta del secolo scorso. Ora al centro spicca la pala, un dipinto su tela, di autore sconosciuto, che rappresenta S. Carlo Borromeo tra due santi, forse S. Felice e Naborre, con Madonna e Bambino in gloria tra cherubini. Nel Seicento la chiesetta venne dedicata a S. Carlo, poiché vi si riuniva una confraternita sotto il titolo del cardinale milanese. Sulla sinistra dell’altare si trova l’entrata del minuscolo campanile; sulla destra una finestra illumina la semplice mensa. La chiesetta appartiene al Comune di San Felice.