IL PORTO DI PORTESE
Il porto di Portese La caratteristica posizione della piccola baia del porto, oltre ad essere un luogo di ritrovo per i pescatori, anche nel passato costituì un richiamo per il forestiero. Nel 1810 la baia necessitava di un porto più adeguato alle esigenze della popolazione di Portese e dei visitatori; fu così incaricato l’architetto civile Carlo Rubelli di San Felice ad effettuare un sopralluogo ed a redigere un preventivo di spesa. Ecco alcuni stralci della sua relazione: “… Mi sono recato al porto di Portese e fatte le necessarie osservazioni per il riattamento di detto Porto… ma siccome il fabbisogno non si può precisare senza il disegno per il quale non ho avuto il tempo occorrente…”24. Presentato il disegno e terminate le pratiche con il Prefetto di Salò, iniziarono i lavori diretti dall’architetto Carlo Rubelli: “… fu negoziata la trattativa con li Sig. Lorenzo e Gerolamo Baroldi di Malcesine fornitosi di tali generi… venne di conseguenza convenuta la fornitura degli occorrenti quadroni (pietre squadrate)… per ogni braccia tanto in altezza che in lunghezza e grossezza… come quelli al già costruito molo di Desenzano…”25. Negli ultimi decenni l’economia di Portese ha fatto leva sempre di più sul turismo; pertanto anche il porto si è allargato per far spazio all’afflusso sempre crescente di natanti, perdendo però le antiche caratteristiche e la sua tranquillità.

LA PESCA
L’attività economica più tradizionale ed importante praticata a Portese fu, fino a pochi decenni fa, la pesca. Per noi contemporanei è interessante esaminare i documenti relativi alle frequenti liti tra pescatori locali e forestieri, i quali si contendevano acque più pescose. Nel 1491 la comunità di Verona pubblicò dei capitoli per disciplinare la pesca, ma gli abitanti della Riviera li giudicarono scarsamente efficaci. Tra i protestatari troviamo un certo Petri de Portese, il quale, a quanto pare, disapprovava la presenza di pescatori veronesi nelle nostre acque territoriali. Per attenuare una situazione che andava rendendosi pericolosa la Serenissima Repubblica Veneta riprese in considerazione le antiche consuetudini ed, emanando statuti e privilegi, riuscì ad acquietare i pescatori del Benaco. A Venezia governava il Doge Francesco Foscari, al quale si rivolsero i pescatori di Portese “supplicatione fidelis comunis nostri portesi riperia Brixien lacus garda…”. Il 13 febbraio 1543, rivendicando diritti acquisiti fin dal secolo precedente, Portese ottenne dalla Repubblica Veneta la riconferma del privilegio di pesca nella località denominata Pescheria, ovvero il Vo della Breda. La concessione aveva la durata di quarant’anni, ma i portesini la rinnovarono prima della scadenza nel timore di perdere l’importante diritto che, tra l’altro, comportava il versamento di un tributo di 25 ducati l’anno. “Littere Patentes Ducales pischeriarum Comunis et hominum terre di portesio riperie salodij concesse per Illustrissimum D. Venetiari sub diversis tempibus. Die 7 marcij 1469. Die 23 Iannuari 1476. Die Iunnij 1483. Die 11 Iannuarij 1486. Die ultimo maij 1496. Die fibruari 1502. Die 13 marsij 1513. Die 11 marsij 1523. Die 16 marsij 1532. Die 29 septembris 1541. Die primo marsij 1543. Li nostri poveri ma fidilissimi homini del Comun di portese dilla Riviera di salo quali cum grandissime spese, sudori et fatiche fin dal 1543… dal Serenissimo Doge Francesco Foscari… sia concesso poter piscar… riconfermata Die 18 septembris 1546. Die 20 septembris 1557. Die 28 luglio 1595. Adi 18 ottobre 1635. Die lunedì 8 luglio 16759. Anche i frati dell’Isola, nel 1548, ottennero un privilegio di pesca: per quaranta passi al largo del lago nessuno poteva pescare o turbare la terra del monastero. Chi ardiva avventurarsi in quelle acque era severamente punito con l’ammenda di cento ducati10. Nel XV secolo i frati dell’Isola già pescavano utilizzando sostanze chimiche, denominate genericamente “coccola”: queste, mescolate al cibo sparso nel lago, facevano addormentare per un attimo i pesci, i quali salivano in superficie e potevano essere facilmente catturati. “… Vedemmo molti barchetti di pescatori, in uno dei quali vi erano tre frati i quali avevano dato una certa pasta la quale ha una grandissima forza di ubriacare i pesci…” Nell’anno 1617 il Senato Veneto promulgò un decreto contenente norme e tutela della pesca sul lago di Garda: i principi fondamentali cui si ispiravano quelle leggi restano validi ancora oggi12. Nel 1619 la “Pischeria” di Portese dava un reddito annuale di cinquecento ducati13. Fino agli anni Cinquanta nella località denominata “Prà”, dove attualmente si trova il parcheggio del Porto di Portese, i pescatori curavano le loro reti. Le rammendavano, le ricostruivano, le lavavano, le stendevano ad asciugare dopo averle tinte in un grande paiolo di rame. Le reti erano di cotone, fino all’avvento del nylon, il quale sostituì il fragile filo con una maglia più resistente. Nello stesso luogo i lavoratori della pesca riparavano le barche, le tinteggiavano, le ripulivano; il pescatore era sempre in attività, anche quando non operava nel suo ambito privilegiato: il lago.